Vini che rischiano di scomparire
Cambiamenti climatici, costi elevati, mode culinarie. Sono diversi i motivi alla base della scomparsa di molti vitigni autoctoni italiani, un tempo prosperi e rigogliosi e oggi relegati a pochi ettari di terreno, o destinati al fabbisogno familiare.
Dalla Toscana alla Campania, dal Veneto alla Sicilia, dal Trentino all’Emilia Romagna, sono decine i vini che rischiano di scomparire per sempre dalle nostre tavole. Una ricchezza inestimabile a rischio estinzione di cui solo pochi sembrano accorgersi.
Quando si parla di vini che rischiano di scomparire si pensa sempre a vitigni sconosciuti, o poco apprezzati, ma, la realtà è ben diversa se si pensa che tra i vini in serio pericolo di sopravvivenza ci sono tre doc toscane, ovvero, il Nobile di Montepulciano, il Brunello di Montalcino e il Chianti Classico. A minacciare questi vini sono i cambiamenti climatici e il progressivo surriscaldamento del clima italiano che – secondo gli studiosi – entro il 2100 sarà troppo torrido e secco per consentire la produzione di questi vini.
La crisi economica, invece, è alla base della scomparsa di vitigni storici piemontesi come il Barbera e il Dolcetto. Sempre in Piemonte tra Asti e il Monferrato, viene coltivata un’uva autoctona poco conosciuta, ma, dalla grande tradizione, la Gamba di Pernice, che negli anni ha visto inesorabilmente diminuire la superficie coltivata.
Ma, l’elenco di vini a rischio è ancora molto lungo e annovera vitigni autoctoni di origini antichissime e tocca tutte le regioni italiane. Ci sono vini sardi come il Nieddera un vitigno autoctono a bacca rossa, la Moradella Lombarda, l’Enantio del Trentino Alto Adige, il Tezzelenghe del Friuli Venezia Giulia, il Bellone del Lazio, fino al Gragnano doc Campano e a numerosi vini autoctoni siciliani.
Un patrimonio vitivinicolo inestimabile che rischia di scomparire per sempre, privando le nostre tavole di vini straordinari e ricchi di storia e di tradizione, oltre che di gusto e di profumi.
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